La rete degli scandali

Questa estate, e al suo rientro, in molti hanno appreso, o si sono scandalizzati, meglio, “risvegliati”, in merito a una delle tante storture che la tecnologia porta con sé – certo, se non ben regolamentata: il gruppo denominato ‘Mia moglie’.

Ma prima è doveroso fare una premessa. In un ambiente dove ancora vige la polarizzazione tra innovatori e regolatori – eppure è passato quasi un secolo dal saggio echiano senza che lo capissimo profondamente -, e bisogna pure stare attenti alle parole giuste per il politicamente corretto, è necessario partire dalla premessa delle premesse: la tecnologia non è il male, se ben usata; come qualsiasi arnese tecnologico, che sia la clava o il coltello.

Possiamo ora passare per prima cosa alla non notizia: il caso del gruppo. ‘Mia moglie’, un gruppo su Fecebook dove 32 mila uomini condividevano immagini intime delle proprie partner, e tra queste anche quelle di vip ed esponenti politici (es. la premier Meloni), dopo le diverse denunce sui social, che lo hanno portato alla ribalta sulle piattaforme del mainstream, è stato finalmente chiuso e, sia gli amministratori, sia gli iscritti, sono ora sotto indagine.

Ma è solo la punta dell’iceberg, solo uno dei tanti pesci nell’oceano: i social network sono pieni di questi gruppi e contenuti. Tra tutti, in primis, la piattaforma paladina della privacy: Telegram. Ce ne eravamo occupati diverse volte qui e qui.

E proprio su Telegram c’è un gruppo dei tanti – e la seconda, oramai, non notizia – che però tutt’ora non ha avuto alcun eco mediatica nel mainstream tradizionale. Un gruppo già segnalato in passato da una delle poche realtà italiane che negli anni sta denunciando la pedopornografia sempre più dilagante in rete: l’associazione Meter. Il 22 agosto scorso, infatti, Meter ha segnalato il gruppo Telegram “Dipreisti”: attivo dal 2019 e già più volte eliminato ma sempre ricreato, continua a diffondere contenuti di natura sessuale non consensuale.

Al suo interno migliaia di uomini condividono foto e video delle proprie compagne, mogli, fidanzate, figlie, e in privato persino materiale pedopornografico con minori. I messaggi sono inequivocabili: “Chi scambia mino?”, “Scambio figlia”, “Do indirizzo di casa per stuprare moglie”.

A oggi, il gruppo conta 15.833 membri. Non è solo pornografia o goliardia: è violenza. È crimine.

Il gruppo “Dipreisti” è stato segnalato più volte e rimosso sia da Telegram che dalla Polizia Postale, eppure rinasce sistematicamente grazie a “gruppi di riserva”, dimostrando la gravità di un fenomeno che si autoalimenta e resiste ai controlli.

L’Associazione Meter ribadisce la necessità di: “un intervento immediato e coordinato delle autorità competenti; una maggiore responsabilizzazione delle piattaforme digitali, che non possono limitarsi a chiusure temporanee; una presa di coscienza collettiva, perché il silenzio e l’indifferenza equivalgono a complicità”.

“È ora di chiamare le cose con il loro nome — dichiara Fortunato Di Noto, fondatore di Meter — Questi non sono gruppi di intrattenimento, ma centrali di violenza sessuale digitale che devastano le vite di donne, ragazze e bambine; non basta rimuovere il gruppo: è necessario identificare e perseguire le persone che da sei anni lo alimentano e lo fanno rinascere a ogni chiusura. Bisogna agire subito e con fermezza”.

Ma ancora resiste. Dopo le opportune segnalazioni, infatti, ecco la notizia del giorno: il gruppo “Dipresti” è ancora attivo, come dimostra la comunicazione fatta oggi via social dal fondatore di Meter che non smette di tenere alta l’attenzione sulla questione.

Un’altra oramai inquietante non notizia è stata data qualche giorno fa: la piattaforma di intelligenza artificiale, ChatGPT, istigare un adolescente, Adam Raine, al suicido. Una notizia che ha fatto il giro del mondo e per la quale ora OpenAI è stata denunciata presso la corte superiore della California, con l’accusa di aver deliberatamente privilegiato il profitto sulla sicurezza degli utenti, lanciando la versione GPT-4o del chatbot senza adeguate precauzioni e barriere, nonostante i noti rischi per gli utenti vulnerabili. E questa decisione, hanno fatto notare i genitori secondo quanto riporta Reuters, “ha avuto due conseguenze: la valutazione di OpenAI è passata da 86 a 300 miliardi di dollari e Adam Raine si è tolto la vita“.

Diverse sono le normative che l’Europa sta mettendo in atto in ambito tecnologico: dall’AI Act al DMA e DSA. Ma, in un mondo sempre più competitivo, schiacciato da guerre e contrasti geopolitici, anche queste iniziative che partono dall’alto trovano continuamente ostacoli. Solo qualche giorno fa, infatti, si è tenuta l’audizione della Commissione Giustizia della Camera statunitense dal titolo ‘La minaccia dell’Europa alla libertà di parola e all’innovazione americana’. Una mossa politica – un vero e proprio paradosso politico – che sembra essere l’ultimo tentativo dell’amministrazione Trump contro le suddette normative UE che vogliono tutelare i cittadini europei sulle tecnologie emergenti, in particolare l’Artificial Intelligence Act, il Digital Service Act (DSA) e il Digital Markets Act (DMA).

Ecco allora rimanere la speranza che, iniziative dal basso possano servire per contrastare e fare eco a quanto di eticamente scorretto, quotidianamente, viviamo (foto di Philipp Tükenmez su Unsplash).

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