Geen, startup che sviluppa una piattaforma digitale dedicata alla salute sessuale e riproduttiva, rende noto di avere deciso di partecipare attivamente all’iniziativa internazionale CensHERship, con l’obiettivo di contrastare la censura sistemica che colpisce i contenuti sulla salute femminile online, dalle piattaforme social fino ai marketplace digitali. Una campagna e una lettera aperta firmata da un’ampia rete di realtà europee impegnate nell’empowerment e nella salute femminile, tra cui fondatori di startup femtech, organizzazioni non profit, professioniste e professionisti della salute, ricerca, educazione, attivismo e industria sanitaria.
CensHERship è stata lanciata dall’omonima campagna, in partnership con The Case For Her, portafolio globale di investimenti in finanza mista, volto ad affrontare le principali problematiche legate alla salute femminile, mestruale e sessuale delle donne. Geen è l’unica startup italiana ad aver depositato una denuncia formale sia ad AGCOM (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) che alla Commissione Europea, nel contesto del Digital Services Act (DSA). La misura intende richiamare all’accountability le big tech per la rimozione arbitraria di contenuti educativi non sessuali riguardanti il corpo femminile, la parità di genere e il benessere ginecologico.
Geen nata con l’obiettivo di offrire risorse affidabili, servizi personalizzati e supporto concreto a chiunque voglia prendersi cura della propria salute sessuale e riproduttiva in modo consapevole, sicuro e senza tabù. La startup, porta IA e data science nella salute di genere, costruendo algoritmi per ottimizzare i triage in ambito sessuale e riproduttivo.
Due episodi in particolare hanno spinto Geen a intraprendere questa azione riferisce una nota: un post sponsorizzato sull’accettazione della diversità vulvare è stato bloccato senza spiegazioni, impedendo una campagna di sensibilizzazione mirata a contrastare body shaming e stigma intimo e una campagna pubblicitaria per un evento su gender gap e tecnologia è stata etichettata come “annuncio politico”, costringendo Geen a rimuovere riferimenti alla parità di genere per ottenerne l’approvazione alla pubblicazione sulle piattaforme social di Meta.
“Vedere contenuti medici e informativi trattati alla stregua di materiale inappropriato compromette l’efficienza dei sistemi sanitari e limita l’accesso a soluzioni di prevenzione fondamentali – afferma Giulia Marchese, CEO e co-fondatrice di Geen (nella foto) – Non si tratta solo di visibilità: la salute sessuale e riproduttiva femminile è uno dei settori più sottovalutati in termini di innovazione e ritorno economico. L’assenza di un approccio gender-specific nella salute genera un costo stimato di oltre 40 miliardi di euro l’anno per il sistema sanitario nazionale, tra diagnosi errate, ritardi terapeutici e mancate attività di prevenzione. Allo stesso tempo, le aziende perdono opportunità di risparmio e benessere organizzativo, con costi stimati intorno ai 4 miliardi l’anno in assenze, sotto-utilizzo delle coperture assicurative e welfare generico poco efficace. Educare e rappresentare la diversità nei percorsi di cura non è solo un tema etico: è un’urgenza economica e un’opportunità strategica per chi innova nella sanità e nel lavoro”.
I dati emersi dal rapporto Censorship Revealed, di CensHERship e The Case For Her dice che il 95% dei creatori di contenuti che trattano temi di salute femminile dichiara di aver subito almeno un episodio di censura su piattaforme come Instagram, Facebook, TikTok, X, Google, Amazon, YouTube, Pinterest e LinkedIn nell’ultimo anno. Nel 38% dei casi, si registrano dieci o più episodi di censura negli ultimi dodici mesi. Il 53% ha adottato forme di autocensura come strategia difensiva, con un impatto diretto sulla qualità e sull’efficacia della comunicazione sanitaria. Oltre alle rimozioni dirette di tipo post removal e ad rejections, si riscontrano pratiche di shadowbanning, soppressione dei prodotti femtech a fini pubblicitari e restrizioni legate a parole chiave e hashtag, spesso anche in contesti educativi e medici. Numeri che evidenziano come la censura digitale non sia un fenomeno marginale, ma abbia effetti strutturali sul benessere sociale, economico e sanitario delle comunità. Le conseguenze vanno dalla perdita di visibilità e credibilità, a danni economici e reputazionali per startup, associazioni e professionisti della salute, fino alla limitazione dell’accesso pubblico a informazioni vitali per la prevenzione, la diagnosi precoce e la riduzione dello stigma.
Geen si è unita a CensHERship per chiedere equità e trasparenza nella moderazione algoritmica e nei processi di appello; tutela del contenuto scientifico sull’anatomia e la salute femminile; fine del doppio standard nei confronti di contenuti femminili rispetto a quelli maschili come per esempio accade con la comunicazione relativa alla disfunzione erettile.
L’iniziativa CensHERship continuerà nei prossimi mesi con ulteriori azioni di pressione istituzionale e sensibilizzazione, per creare un ecosistema digitale dove la salute femminile smetta di essere un tabù. La salute femminile non è solo una questione di equità, ma un’opportunità strategica per la società e l’economia, rappresentando un mercato con un valore stimato tra 42,5 e 49,3 miliardi di dollari, riferisce sempre la nota di Geen, su scala globale, con un ampio potenziale di crescita e consistenti inefficienze che oggi gravano sui sistemi sanitari nazionali e sulle aziende.
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